Nevica, la strada è ghiacciata, fa freddo e tira vento, ma c’è una donna con il sorriso e l’infinita gentilezza che la caratterizza, che si sta inoltrando nell’ultima casa della Frazione alpina di Pietraporzio. Siamo a 1200 metri, è stato faticoso arrivare fin lassù, ma questa tenace montanara doveva farlo. E’ un’infermiera del territorio ed in particolare, quello alpino, lo conosce molto bene, come conosce altrettanto bene la gente che lo vive, la solitudine di quei posti, le difficoltà per le persone anziane. Ad aspettarla c’è un’anziana nonnina per una semplice iniezione. Quelle con l’infermiera saranno le uniche parole con qualcuno di quella giornata, sarà il più bel caffè della settimana accompagnato da un caldo sorriso, da un ascolto reale e sincero e da uno scambio di parole nel silenzio di quella nevicata copiosa. Quando la donna dai capelli canuti apre la porta e vede la giovane, si sente rassicurata ed è come se qualche raggio di sole entrasse in casa! Tutto questo è Cristina: una montanara, un’infermiera del territorio, una scrittrice. Oggi vi racconto la sua storia.
Cristina nasce in montagna, ed è legata fin dalla più tenera età al Santuario di Sant’Anna di Vinadio, un luogo molto conosciuto della Valle Stura, in Piemonte, provincia di Cuneo, come meta di pellegrinaggi. Si tratta di un posto speciale dove fede e montagna si incontrano nel Santuario piu alto d’Europa a 2035 metri di altitudine(http://www.santannadivinadio.it) L’intera storia della sua famiglia è legata a quel luogo ed in particolare alla casa del Randiere.
Fin da piccina per lei, Sant’Anna era “casa” dalla fine della scuola fino al giorno prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. Tutta la famiglia si trasferiva in montagna, tutti aiutavano, tutti si prendevano cura uno dell’altro ed era come se l’estate fosse un’ altra vita. Un nucleo famigliare numeroso, 11 figli più i genitori, ma un gruppo coeso, unito ed abituato all’accoglienza ,all’aiuto e all’ascolto. Ora la casa del Randiere è un museo ma per chi ci ha vissuto, come Cristina, è un pezzo di vita, quei muri profumano di storia, di ricordi belli e brutti, di famiglia, di amicizia, di ospitalità, di accoglienza e di tutto ciò che una casa viva può lasciare a chi l’ha abitata.
Ma che cosa era la casa del Randiere? Perchè è stata così utile? Come mai la sua storia è così speciale? Si trattava di una casa, costruita per il Randiere, ovvero il custode del Santuario, colui che se ne prendeva cura tutto l’anno, faceva manuntenzione ed aveva l’importante compito di suonare le campane della chiesa, nei momenti di nebbia, neve, bufera per aiutare i pellegrini a non smarrirsi e ritrovare un posto sicuro dove essere accolti. La vita nella casa del Randiere era ricca di incontri, lasciava un segno ai viandanti che ci passavano e che inevitabilmente vi facevano ritorno: forse per quella bacinella d’acqua calda e sale che sapeva arrivare dopo ore e ore di cammino a rinfrancare piedi doloranti? O per quei panni zuppi stesi davanti alla stufa ad asciugare, tolti da un pellegrino, che sulla sua via aveva trovato pioggia? O semplicemente perchè quella era la casa di tutti? Passare al bar del Randiere, comprare un pezzo di formaggio o il burro, era una consuetudine per i pellegrini ed era un appuntamento immancabile ogni anno. Per le ragazze della casa del Randiere il lavoro non mancava mai, la sveglia era presto e la ritirata era tardi ma spesso, nelle fresche sere d’estate in quel paradiso alpino, qualche cliente restava, e davanti ad un genepy o una bevanda calda, si cantava e si rideva fino a tardi. Altri tempi, ci diciamo io e Cristina con un velo di tristezza, durante la nostra chiacchierata, tempi in cui i rapporti umani erano autentici, disinteressati e molto forti.
Ci sono stati momenti difficili nella vita di questa famiglia, soprattutto quando il papà Lidio è mancato, il contratto di gestione è decaduto, e Sant’Anna non è diventata consuetudine ma ricordo. I fratelli sono cresciuti, ognuno ha preso la propria strada, ma la memoria resta, quel pezzo di strada fatta tutti insieme, nella casa del Randiere ha lasciato segni e per Cristina, raccontarla è diventato un dovere, una memoria da lasciare, un modo per rivivere quella realtà, che, una volta scomparsa, ha iniziato a mancarle. Le parole, così, sono diventate ricordi, emozioni, sensazioni, profumi e hanno preso forma diventando dei libri: il primo”Lidio Giraudio L’ultimo Randiere” Una vita per Sant’Anna di Vinadio, scritto in collaborazione con Antonella Saracco, edito Araba Fenice, dove si può leggere la storia del papà di questa splendida donna. Il secondo, dal titolo “La casa del Randiere” parole di Cristina Giraudo e Marco Giraudo, foto Alma Giraudo Edito da Primalpe, dove, leggendo, si può fare un vero viaggio nella Casa del Randiere, con parole bellissime ed immagini decisamente accattivanti!
Le scelte di vita di Cristina sono state sicuramente influenzate dalle estati passate nella Casa del Randiere ed aver intrappresto la scelta di fare l’infermiera ne è la prova. Ascoltarla parlare è stato un viaggio nel suo cuore, nel rispetto che ha per tutte le persone che giornalmente incontra, di come sa entrare in quelle case in punta di piedi, di come sa donarsi dimostrando empatia con chi ha davanti. Cristina spesso accompagna anche le persone che decidono di lasciare questo mondo scegliendo l’ambiente famigliare, resta con loro fino alla fine, un ruolo che pochi possono fare, ma che lei affronta con il suo modo delicato e accogliente, perchè donarsi fa parte di lei ed è un’eredità di famiglia!
Sul braccio di Cristina un tatuaggio, tutto ciò che è giusto che rimanga incancellabile sulla sua pelle: la firma del papà, Lidio Giraudo, il Randiere, e la Maladecia, la montagna a cui è più affezionata!
Ricordare Sant’Anna di Vinadio è stato importante anche per me perchè qualcosa di speciale mi lega al quel posto. Ogni anno, i miei nonni andavano proprio in quel luogo a festeggiare il loro anniversario di matrimonio, era un appuntamento immancabile, una piccola vacanza che si concedevano ogni anno e, a volte, c’ero anche io con loro. Ricordo bene le chiaccherate con il Randiere, il bicchiere di vino in compagnia al caldo delle stufa, in quel bar sempre uguale e che era una certezza in quel posto isolato dal mondo. Per loro erano un regalo quei giorni, un ritrovarsi insieme nelle montagne che tanto hanno amanto. Conservo un ricordo indelebile di quei momenti ed aver rivisto Cristina, ha portato alla luce il passato e la commozione di non poterli avere più, mi ha invaso. Sono grata a Cristina per aver deciso di non far morire quella casa, perchè molti sono passati da lì e tanti hanno ancora nella memoria quel luogo, ma poi tutto si dimentica, tutto passa per questo servono le parole, perchè quelle restano per sempre. E’ stato Marco Giraudo, un affezionato avventore della casa del randiere ad avere spinto a Cristina a scrivere e così, grazie a loro, eccoci qui ad avere tra le mani questo materiale prezioso.
Voglio concludere l’articolo con la foto di questo libro perchè in questo volume, e nello scopo per cui è stato scritto, non c’è solo la memoria di una casa, ma un gesto nobile che solo una donna come Cristina poteva avere in serbo.
L’ultimo giorno nella casa del randiere, quando si faceva ritorno a casa, prima dell’inizio della scuola, una sorpresa era sempre riservata ai bambini della famiglia. Arrivando a casa nella camera dei genitori, sopra l’antico comò, c’erano montagne di libri, colori, matite quaderni, materiale scolastico, vestiti nuovi per l’inizio della scuola. Per Cristina era il giorno più bello dell’anno, e in lei sono ancora presenti gli odori, la meraviglia e lo stupore di quei momenti. Non tutti i bambini di oggi possono provare una felicità simile e così, i soldi ricavati dall’acquisto di questo libro, sono messi da parte perchè c’è un bel progetto. Cristina vuole vedere negli occhi dei bambini la stessa gioia che c’era nei suoi in quei momenti. Nel nostro mondo occidentale questo non è più possibile così andrà all’estero con le sue valige piene di materiale, acquistato con il ricavato del suo libro, il suo splendido sorriso, la sua tenacia mista all’umiltà a farà ciò che più ama: portare felicità nella sofferenza! Per contatti Cristina Giraudo è su facebook http://www.facebook.it/Cristina Giraudo,
Cristina è una vera donna di montagna, un’infermiera sul territorio, una mamma e una brillante scrittrice che ha davvero molti progetti, con cui è piacevole conversare, che come me, ama raccontare e conservare la memoria del passato perchè ha chiara l’importanza del non perdere vissuto. L’ho accolta nel “pensatoio”, quel posto tutto mio dove mi rifugio a scrivere ed è stato come avere un’amica con cui condivirere uno spazio dove solo pochi hanno accesso. Le grandi donne le riconosci subito e ci entri in sintonia senza sforzi, ti resta un buon ricordo e la voglia di ritrovarle ancora. Grazie Cristina.
Oggi una storia per voi che mi lega a dei ricordi passati e che ho voluto raccontare perchè nascoste nei meandri delle montagne, ci sono dei racconti speciali, fatti da persone speciali e solo un’attenta ricerca li può scovare! Per questo devo ringranziare un lettore di questo blog, Claudio Rivoira, che mi ha messo in contatto con la protagonista e aveva ragione: questa è una bella storia da far conoscere! La mia “caccia” è sempre aperta e continua perchè c’è bisogno di belle storie! Seguimi sono certa che il mio viaggio tra le mie parole ti piacerà!
4 Comments
Che Emozione, un tuffo nel passato ricordi che tornano alla memoria.
Da che mi ricordo quando si saliva al Santuario , colazione dal Randiere.
Grazie rivivo dei momenti bellissimi .?
grazie Nadia…chi é di qua conosce bene la casa del Randiere
Emozionante !
Piccola montanara, splendida donna, grande più della malinconia, vicina, sempre di più.